Analizziamo insieme alcuni degli episodi della serie Tv Black Mirror per poter percepire meglio il messaggio e mostrare quanto non sia facile vivere in questo mondo. Magari noi nel piccolo potremmo capire che siamo davvero delle macchine controllate in tutto ciò che facciamo o diciamo. Siamo degli stampini creati per accontentare chi ancora vuole sentirsi potente.
– Messaggio al Primo Ministro. Viene rapita la principessa Susannah. I rapinatori pubblicano un video su YouTube (uno dei siti, oggi potremmo dire anche app, più usato al mondo) dove la vittima dichiara di essere rapita e di poter essere liberata solo se il primo ministro avrà un rapporto sessuale con un maiale. Due elementi che potrebbero inquietarci: l’uso di YouTube che in poco tempo permette a milioni di persone di poter visualizzare un video grazie a fonti, suggerimenti etc. Esso ci aiuta a rimanere in continuo aggiornamento con musica, documentari e tanto altro ma ci permette anche di far scorrere più velocemente messaggi audio-visivi che molto spesso danneggiano il modo di vedere o di pensare delle cose. Tante volte abbiamo infatti a che fare con “bufale” che sembrano essere più reali nel momento in cui vengono mostrate foto, video e altri effetti più convincenti di una semplice lettura (tutti sarebbero in grado di scrivere e di immaginare – la scrittura è infatti un altro dei mezzi pericolosi sul Web – ma pochi di mostrare davvero attraverso video cosa vogliamo trasmettere). Tutto ciò che gli occhi vedono ci spinge di più a “provarlo”, a crederci magari.
L’altro elemento preoccupante è la derisione, e quanto il web prenda con superficialità quest’elemento. Spesso mettersi in ridicolo aiuta ad accumulare like anche solo per il piacere di far ridere. Tante le persone che sul web tendono a farsi del male per poter mostrare di essere “coraggiose” e di poter far nascere un sorriso anche in situazioni critiche (non mi sorprendo se ai giorni d’oggi riusciamo ad essere più sarcastici che realisti e polemici). Questo tipo di derisione è però ben diversa: l’atto che il Primo Ministro dovrebbe affrontare è una prova quasi paranormale, non “naturale” che non spinge a niente se non al modo di vedere diverso un povero animale che si sacrifica inconsciamente ad un rapporto inconsueto. Un gesto ridicolo si, se così si può dire, solo per far ridere, solo per “aggravare” e non rendersi conto dell’importanza di una persona che dovrebbe rappresentare un intero popolo.
Inizialmente la vicenda si svolge con vari tentativi di rintracciare, attraverso le posizioni dei dispositivi d’origine, l’artefice di tutta la messa in scena ma, non poco importante, la figura di una giornalista che per poter sorprendere il suo caporeparto della redazione giornalistica invia foto compromettenti ad un impiegato statale che lavora a stretto contatto con il ministro ed il suo team.
Altro elemento importante: la donna ormai abituata a vedersi come oggetto. La donna che ai giorni d’oggi difende la propria dignità per avere i pari diritti alla fine sta per diventare un mito. Tante le manifestazioni, tanti i messaggi a favore di donne che purtroppo non sono supportate e non si sentono all’altezza, ma soprattutto tante le donne che hanno atteggiamenti che incentivano il maschilismo, o meglio, alcune forme di misoginia. La donna che deve denudarsi per acquistare lavori, soldi, aiuti. Non voglio includere donne che vengono violentate, maltrattate (psicologicamente e mentalmente) o che purtroppo sono costrette a farlo per via di terzi. Parlo di tutte coloro che si mostrano per essere qualcuno. Quelle donne che senza il loro corpo potrebbero forse pensare di avere una mente. Essere donne non significa vendersi o gridare per acquisire diritti e poi spogliarsi della propria dignità, ancora una volta, per far parte del “nostro mondo”. Il troppo femminismo non aiuta ad essere migliori. Tanti uomini subiscono violenze da parte di generi femminili che hanno gli stessi problemi psicologici, diciamo così, ma sono uomini e non ne parleremo mai. Non uscirà mai tutto fuori dalla società perché siamo e continueremo ad essere ciò che vogliono davvero vedere. L’uomo così resterà il “sesso forte” e la donna quello “debole”. E’ la convinzione che non ci farà mai sciogliere dal modo di essere per divenire il vero “modo di cambiare”.
La giornalista, grazie alle sue “doti” riuscirà ad arrivare al suo scopo raggiungendo il presunto punto dove si trova la Principessa. Tutto invano, era una trappola. Trovandosi insieme ai militari, viene scambiata per una complice e di conseguenza uccisa. Insegnamento: la troppa curiosità che ha origine sul web ci permette poi di scoprire e vivere la realtà con occhi diversi, non capendo davvero quanto sia pericoloso mischiare i due mondi.
Il ministro rinuncia alla sua “dignità”. I tentativi di capire chi sia il colpevole di questa messa in scena sono stati vani. Si ferma il mondo davanti a quel canale che trasmette in diretta lo scempio anormale della situazione. La Principessa però viene liberata anche se incosciente e senza alcun ricordo del suo rapimento. Tutto finisce, il ministro per molti è un eroe, per altri è un essere umano impronunciabile e per altri, o meglio per la moglie, è la delusione immensa. Nelle ore di attesa sulla programmazione o meno della macabra trasmissione, sui social si scatena un vero e proprio bombardamento di commenti ed opinioni. La moglie del Primo Ministro, scombussolata da tutta la situazione venutasi a creare, fa lo sbaglio di leggere la maggior parte delle opinioni sotto forma di post su Facebook. C’è chi cerca di starle accanto e la incoraggia a non sentirsi “sbagliata” nel suo matrimonio, chi la ammira per tutto il dolore che si sta tenendo dentro e chi, purtroppo, trova sempre il modo e il momento giusto per sprigionare il suo “lato oscuro”. Commenti che potrebbero far ridere su quello che sarà il loro matrimonio “al profumo di bacon” ma che data la situazione potrebbe solo rendere tutto più difficile. Nonostante il marito possa far del bene pur mettendo in ballo sé stesso, la moglie non accetterà mai tutto questo, perché influenzata negativamente da ciò che la gente potrebbe pensare. I nostri insulti, le nostre paure, i nostri commenti poco accorti non fanno bene nella vita reale. Tutto questo male ha fatto sì che una moglie vedesse solo la parte negativa di suo marito nonostante abbia rispettato la propria responsabilità nel suo ruolo e nella sua persona. L’insegnamento, a mio parere, più importante è questo: saper cosa scrivere, saper confrontarsi e non saper “ferire” solo per il puro divertimento di avere like, far ridere e far emergere tutto il nostro cattivo senso dell’umore.
Non importerà più cosa siamo e cosa facciamo se le persone verranno sempre influenzate da ciò che si dice e si commenta su un comune Social Network.
– 15 milioni di celebrità. In un mondo dove tutto ruoterebbe grazie a degli uomini-computer su delle cyclette, vivono ancora i sogni e l’amore. Agli uomini vengono mostrati i soliti programmi dove si ride, si scherza fin troppo e non meno importante, le solite pubblicità pornografiche mentre alla donna vengono mostrati i soliti programmi amorosi e le pubblicità su come sentirsi alla pari in una relazione. Il primo elemento dunque è lo stereotipo dei generi: l’uomo che si nutre solo di stupidità e della ricerca di donne facili e la donna che è la classica sognatrice perfetta per un amore ancora più perfetto. I sogni esistono anche nella solita “struttura degradante del web”. Un ragazzo di colore, Bing, rifiuta le classiche pubblicità perché vorrebbe avere altro, vorrebbe vivere e sentirsi stimolato da qualcosa che non fosse “costruito”. Si innamora di una donna, Abi, con un passato non molto favorevole ma brava nel canto. Lui l’aiuta a realizzare il suo piccolo sogno: far parte di un programma per giovani talenti (un po’ il nostro X-Factor o Italia’s Got Talent). Ha una voce meravigliosa e infatti viene presa ma non per la sua bravura ma per il suo corpo, il suo viso particolare. Le viene proposto di “vendersi” in un programma pornografico. E’ questo che la gente vuole. E’ questo che fa davvero scalpore nella nostra società. La pornografia è uno dei mali più estremi per la persona in sé ma anche per le coppie. E’ una tentazione che pochi sanno dire di no. Il proibito regna sempre di più sulle voglie particolari del genere umano. Siamo in continua tentazione da programmi, pubblicità e applicazioni che ci spingono ed essere uguali e a preferire dei mondi che non fanno parte della realtà. Sembrerebbe la ricerca del bello nell’altrove. Non ci si accontenta mai di ciò che già si ha ma si cerca in tutti i modi di riscoprire e soddisfare i nostri bisogni. Non ci si mette più il cuore ma solo l’istinto.
Lei sceglie di vendersi e nonostante la forte delusione del ragazzo “innamorato” lui commette lo stesso errore. E’ l’unico modo di essere qualcuno. Altro elemento importante: siamo in una società in cui vogliamo fuggire ma che per “sopravvivere”, per così dire, dobbiamo venderci in continuazione. Dobbiamo dare “il tutto per tutto” di noi stessi per poter dire di stare bene in questa società. Impariamo a pensare, impariamo a non lasciarci andare nelle nostre debolezze e soprattutto di non fare lo stesso errore che ci ha deluso. Dovremmo avere personalità per sentirci davvero diversi e meritare il nostro stesso bene.
– Torna da me. Due ragazzi felici, Martha e Ash, vivono insieme in una isolata casetta in campagna. Lui da sempre ha, purtroppo, il vizio di non staccare mai gli occhi dal cellulare e ciò gli causerà un distacco dalla vita reale e di conseguenza una scarsa attenzione in ciò che accade. La sua svogliatezza farà si che lui muoia in un incidente stradale lasciando lei e quella che sarà sua figlia (solo dopo scoprirà di essere incinta). La nostalgia del suo amore e della sua voglia di intraprendere una nuova vita la porterà ad affidarsi ad un sistema che le permetterà di ricreare il suo ragazzo: assumerà la sua voce, memorizzerà i suoi modi di dire e cercherà di assomigliargli sempre di più fino a quando capirà di non soddisfare mai la sua mancanza. Non basterà più sentirlo al telefono, parlarci e provare a viverci metaforicamente. Va avanti e si affida ad impiantare il sistema in un computer vivente e con le sembianze di Ash. Questo potrebbe bastare a colmare anche la voglia fisica e il tenerlo accanto ma un computer non ricompenserà mai una persona. Un sistema del genere potrebbe solo far accrescere la mancanza della persona defunta. Il giovane computer non potrà mai essere come lui pur avendo tutto uguale. La mente non colmerà mai ciò che il cuore costruisce. Preferiamo far parte di un mondo vuoto ma siamo umani e resteremo sempre legati alla personalità di chi ci sta vicino. Potremmo anche incantarci dietro uno schermo ed innamorarci per i post in cui veniamo taggati ma non saremo mai tanto presi e felici se non viviamo a stretto contatto al di fuori di tutto.
Martha è cosciente del pericolo che sta vivendo e a cosa sta andando incontro. Starebbe male ancora di più e così prese in mano la situazione e decise di abbandonare l’idea del “far tornare in vita” ciò che non sarebbe mai come il suo ragazzo. Non potrebbe mai prendere posto nel suo cuore. Il computer umano viene chiuso in soffitta e conoscerà la bambina come amico di famiglia ma mai come padre. Spesso decidere di cambiare e staccarci dal mondo virtuale può solo aiutarci ad affrontare meglio gli ostacoli della realtà fino a raggiungere pace con noi stessi. Amiamo ciò che ci lega davvero a quella persona senza dover trovare sollievo in meccanismi facili ma vuoti.
– Orso bianco. Victoria Skillane si sveglia senza sapere dov’è, chi è, e soprattutto cosa fare. Comincia a cercare aiuto ma le persone restano ferme a guardare filmando ogni suo passo. Viene inseguita “senza motivo” da una sorta di serial killer che la intimorisce senza farsi condizionare dai suoi pianti e dalle sue urla. Piange e corre. Incontra Jem che per la maggior parte dell’episodio cerca di aiutarla a fuggire fino a quando si rivela complice di tutto. In qualsiasi scena appaiono persone che si fermano a guardare e a riprenderla con il telefonino senza dire o fare niente. Le viene fatto credere che il genere umano sia stato “incantato” da un segnale (la Y) e suoni su tutti i dispositivi connessi in un determinato momento della giornata. Sembrano tutti impazziti e lei oltre che a stupirsi, impazzisce di conseguenza senza una ragione. Viene rapita e legata ad una sedia. Scopriamo la verità: quando non era ancora “prigioniera” nella realtà aveva una vita normale con un ragazzo. Vivevano una relazione consueta fino a quando rapiscono una bambina e mentre il ragazzo le fa del male lei si ferma a filmarlo senza aiutare e farsi intenerire dal corpicino che piano piano si spegne. La bambina appariva come vago ricordo di Victoria che, talmente l’incoscienza, pensava fosse la figlia. Ogni giorno aspettano che lei si svegli, sfugga al killer, venga ripresa dalla gente, si faccia aiutare dalla complice e poi insultata dopo averle confessato la verità. Ogni giorno è un sacrificio rivivere tutto fino a quando lei non muoia nella sua stessa paura. Siamo una società che si ferma a guardare e a filmare le disgrazie per il puro piacere di pubblicare e diventare “importanti”. Siamo una società che ama il prossimo attraverso le parole ma che non fa niente per rimboccarsi le maniche e aiutare nella realtà. Lanciamo bei commenti, qualche emoticon e, oggi possiamo dirlo, dei GIF con i cuori e abbracci ma non sappiamo prendere in mano la situazione e avere la personalità di sentirci migliori nei gesti.
La punizione viene assegnata ogni giorno per una continua a duratura sofferenza. E’ la vera punizione per chi non fa niente per migliorare la nostra società anche sotto un attacco fisico.
Non bisogna andare lontano per capire che non si ha più rispetto delle vittime o di stragi in determinate zone. Ricordiamo l’incidente della Concordia (tanti i selfie con la neve inclinata dietro), i continui turisti che si fotografano vicino ai monumenti di Auschwitz (nessuna delicatezza nel rispetto di chi lì è morto davvero soffrendo). Risulta esserci un omicidio e noi ricorderemo il luogo, lo fotograferemo e aspetteremo i like per sentirci persone quasi caritatevoli e in pena per chi non c’è più. E’ un protagonismo che nasce a causa di una disgrazia, questo è il vero senso. Vogliamo apparire a prescindere da tutto ciò che sia successo o meno. Prima la frase “il fine giustifica i mezzi” sembrava la solita “lavata di mani” per le guerre e i continui conflitti adesso tutto è giustificato pur di sentirci apprezzati. La ricerca del nostro “essere migliori” non si ferma neanche davanti a vite spezzate. “Vi siamo vicini”, fin troppo se possiamo dirlo.
– Vota Waldo! Il chiaro esempio di quanto le persone non siano più “polemiche”, “serie” ed oggettive sulle scelte che dovrebbero essere importanti e fondamentali per la nostra vita è Waldo. Un orsacchiotto digitale che insulta, scherza fin troppo e percepisce solo tutto ciò che di malizioso potrebbe esserci. Il personaggio funziona e la gente ama Waldo perché non ha l’atteggiamento corretto con cui si affrontano i problemi. Waldo è il sinonimo della poca serietà che la gente mostra. Un politico che cerca di fare ed essere presente viene continuamente insultato sui social (politico, che potrebbe piacere o meno, vuole comunque, o per lo meno dovrebbe, ricoprire un certo ruolo e prendersi delle responsabilità per il ruolo che intende occupare). Waldo è l’insieme di tutti gli insulti che spesso vediamo sul web anche se sfiora la scurrilità più estrema. La gente lo ama proprio per il suo modo di fare. Non importa se voglia o meno prendere in mano la situazione per poter migliorare davvero un paese. Importa tutto ciò che Waldo dice. La cosa davvero fondamentale è che lo dica nei suoi modi. Rappresenta un continuo deridere la politica e la voglia di fare per uno Stato. Il “sistema” decide di candidare l’orsacchiotto scorbutico alle elezioni. La gente voterà davvero Waldo e la sua stupidità. La gente preferirà davvero avere uno stato “Pulcinella” e allo sbaraglio pur di non ricadere in tante responsabilità. Tornerà sempre il discorso di quanto sia più importante fare del “bene ridendo” ed insultare invece di provare ad essere davvero chi cerca di fare del bene anche rinunciando alla propria dignità. Rimarremo sempre fermi ad un mondo dove l’instabilità mentale quando si scherza e si gioca avrà più importanza delle proprie responsabilità prese. Dopo deciso ciò però, saremo legati alle accuse. Ci continueremo a lamentare su cosa e chi non funziona. Apriremo gli occhi solo quando la vita diventerà impossibile e ripenseremo a ciò che avremmo dovuto credere pur di non ridere. Waldo è il chiaro esempio di una società che vuole ridere pur piangendo dentro. E’ la chiara dimostrazione di quanto un pupazzo possa aiutare gli svogliati a svegliarsi e, magari, a comprendere per un po’ la circostanza. Comprendere si ma sistemarla no. Che, in fin dei conti, un popolo ignorante sarà sempre facile da governare.
L’unica persona che riconosce quanto sia diventato inutile questo modo di fare politica, oltre che i rivali, è il doppiatore dell’orsacchiotto, Jamie. Grazie all’amore per un’altra candidata capirà davvero chi merita di fare del bene per un’intera situazione e chi invece potrebbe solo rimanere dietro uno schermo e fare satira.
Distinguiamo sempre il ridere dal bene. Distinguiamo ciò che ci fa stare bene e ciò che ci risolleva per un dato momento. La vita e le nostre scelte non sono certo quello che di concreto avremo se durerà solo qualche istante.
– Caduta libera. In un mondo surreale si vive di like (non molto lontano dal nostro, insomma). Le persone vengono categorizzate e molto spesso scelte (anche solo per sconti su spese, case etc) in base alla loro media di stelle. Per ogni persona che si incontra si fingono sorrisi, parole e gesti pur di votarsi alla fine e raggiungere le 5 stelle. Esaminando la vita di una ragazza, Lacie, si capisce quanto sia importante apparire penta-stellari più che sinceri. Bisogna avere uno stile di vita che piace, bisogna essere sempre gentili e non ragionare con la propria testa ma l’importante è acquistare stelle e munirsi di pazienza. Come detto prima, si possono acquistare case con sconti e promozioni in base alla media dei like. La protagonista ha una media bassa per poter avere una vita secondo le sue aspettative. E’ buona con tutti, cerca di amare il prossimo come meglio può e di lavorare sempre in un certo modo ma ciò non basta. Per poco, ogni volta, viene giudicata male e la cattiveria delle persone che hanno ormai raggiunto un livello già abbastanza alto di media, si sprigiona dando voti negativi. Lei arriva a chiedere “consulenza” per migliorare la sua persona e comprare la casa dei suoi sogni, oltre che a piacere di più. Tutto ciò non ha molto senso nel momento in cui il suo vero sogno è avere un amore stabile e sincero. Sostanzialmente non c’è bisogno di pensare ad un mondo surreale come questo preso in questione. Il nostro è molto simile. Le persone vengono giudicate in base ai like sotto le foto di Instagram o Facebook. Una persona con tanti like sarà bella, intelligente e sicuramente vista bene. Chi ne possiede pochi, purtroppo, sarà una persona povera di sé e con poca popolarità. Questa viene ricercata proprio perché a sua volta “regala popolarità” se così si può dire. Non possiamo tralasciare questo modo di pensare. Si viene giudicati anche in base alle persone a cui noi scambiamo un “mi piace” oppure alle pagine che si seguono. Le persone ormai si conoscono così e si giudicano in quanto tali. Non dobbiamo pensare di essere dei like, dei mi piace o delle piccole persone che dietro uno schermo fingono di amare determinate cose solo per piacere. I Social dovrebbero semplicemente mostrare ciò che siamo affinché venissimo accettati per questo. Nella realtà, in un modo o nell’altro, ci riveleremo e potremmo davvero rimanere delusi da noi stessi.
La protagonista ne passerà tante e verrà giudicata male solo per qualche modo di porsi inconsueto tra i finti sorrisi del mondo in esame. Verrà invitata come damigella d’onore al matrimonio di una sua ex cara amica che, per poter mostrarsi agli invitati la sceglie inizialmente per il punteggio medio nella sua complessità. Dopo vari ostacoli (in uno di questi avrà grande importanza una signora che le aprirà gli occhi sulla vera realtà delle cose e su quanto sia più bello ciò che riteniamo vero e non giusto ciò che riteniamo falso) resta sola con se stessa, si presenta al matrimonio nonostante non sia più benaccetta (la sua media adesso e bassissima e viviamo in un mondo in cui non ci si fida di una persona che preferisce avere poche stelle invece di vantarsi della sua popolarità). Lei sceglie di aprirsi e dire tutto, per una volta vuole essere se stessa ma ormai la società è troppo “malata” o quasi “fissata” per poter accettare il cambiamento. Bisogna dare una svolta alla propria personalità e trovare più autostima nella persona che siamo piuttosto che nella persona che vorremmo essere. E’ bello sentirci accettati e non giudicati, o meglio “votati”. Piacersi è il primo passo per poter vedere il mondo con occhi diversi. I Social hanno sempre fatto in modo di farci apprezzare tutto tranne che noi stessi. Andiamo alla ricerca di un mondo nuovo ma mai del nostro mondo. Ricerchiamo la felicità in ciò che vorremmo e non in quello che possediamo già. Amiamoci e ci voteremo da soli fino a piacersi al punto da dirCI “MI PIACE”.
– Zitto e balla. Internet e i suoi rischi. Come cambiano le nostre vite quando ci dedichiamo a farci del male e nascondere la nostra vera vita grazie al computer. Quante persone si mostrano in un amore perfetto o in una relazione stabile. Quante ancora sembrano persone serie e che non cadono a nascondersi dietro ad uno schermo. Lo “specchio nero”, come ho già ripetuto varie volte, sprigiona il nostro lato oscuro affinché potessimo liberarcene. Molte volte non lo sprigiona ma lo si crea. In questo episodio troviamo un semplice ragazzo timido e per bene, Kenny, che cade nel baratro della pedo-pornografia illegale al computer. Un sistema filma il tutto e comincia ad inviargli messaggi ricattandolo. Il compromesso è: fai quello che ti diciamo oppure il tutto sarà mandato in rete (non più una vita sociale, non riuscirebbe più a guardare negli occhi la propria madre e ancor di più non troverebbe mai facilmente una donna che possa fidarsi). Panico e paura sono le parole che accompagnano tutte le principali sensazioni di questo episodio. Il ragazzo viene mandato a “lavorare” sporco insieme ad un uomo, Hector, che a sua volte è entrato nel baratro peccaminoso (tradiva spesso la moglie). Nessuno vuole che la propria realtà virtuale venga davvero scoperta. Tutte le persone che incontrano a loro volta fanno parte del circolo vizioso e hanno a che fare con la loro coscienza. Arrivano a correre, scappare, rubare e quasi ad uccidersi. Tutti i sacrifici però saranno inutili in quanto il sistema gioca e continua a giocare solo per vedere “cadaveri” dopodiché prenderà la sua scelta e mostrerà a tutti la verità. Il LOL come meme significa tanto. Nonostante arrivi a sacrificare tutto non andrai mai molto lontano.
L’insegnamento principale: tutto ciò che noi facciamo con il computer o con il cellulare è e sarà registrato. E’ il nostro materiale compromettente che a sua volte comprometterà la nostra vita. Niente di più vero insomma. Bisogna cercare di essere migliori altrimenti si arriva a perdere ciò che c’è di più importante: relazioni, amori, dignità e soprattutto fiducia verso sé stessi. Tirare la corda e pensare di essere sempre qualcuno al di fuori della realtà non ci aiuterà mai. Le nostre perversioni, le nostre sfiducie e quanto altro andrebbero controllate invece che assecondate. Siamo controllati e potremmo essere ricattati. Non dovremmo pensare “proprio il mio materiale dovrebbero controllare?”. Ci poniamo tutti questa domanda e, come soluzione, troviamo solo una serie di probabilità e percentuali. Rimaniamo fedeli a ciò che di reale abbiamo ed otteniamo.
– Gli uomini e il fuoco. In un Campo di addestramento militare lo scopo principale è di uccidere i cosiddetti “parassiti” affinché si possa vivere in un mondo migliore. Prima dell’arruolamento verrà iniettato loro un microchip che permetterà di vedere e fare solo quello che il sistema militare obbliga. Diverranno così predisposti a uccidere persone che vedono come degli zombie (sembianze poco umane e violenti alla visione dei giovani intraprendenti militari). Grazie ad un chip un po’ compromesso un giovane di colore, Stripe, capirà in parte la verità. Non vedrà più i parassiti come mostri ma come persone normali che cercano in tutti i modi di difendersi e non essere uccisi. Questa sua nuova realtà non sembra piacergli più e verrà portato ad un compromesso: se il chip verrà estratto ricorderà tutte le scene di omicidio per mano sua, tutti i volti doloranti, tutti i colpi e le pugnalate inflitte oppure potrà rimanere uno di loro e vivrà la vita in modo sereno e da burattino dello Stato. Sceglie la via più facile per accettare la propria persona e i suoi sbagli: dimenticare tutto e pensare solamente ad accontentarsi senza essere felice. Tante volte ricordare i nostri errori ci porta solo a lavorare di più con la nostra coscienza (si sa, è il lavoro peggiore che siamo costretti a fare). Stripe cede del tutto e torna alla sua vita senza aver appreso nulla. Tutto rimosso. Tutto ancora una volta in mano al sistema. In primo piano troviamo il chip come metafora del nostro sistema informatico. Il web cerca di mostrarci le cose in modo del tutto “uniforme”. Non siamo molto liberi di scegliere cosa credere a volte. I media spesso svolgono questo lavoro. Siamo una mente che apre gli orizzonti a ciò che il sistema comanda. Vorrebbero che fossimo dei burattini in mano al potere e che ci muovessimo in gruppo per uccidere ciò che scomodo sta a loro, non a noi. Dovremmo imparare a pensare, a non accettare il chip e a compromettere la nostra persona lavorando su noi stessi invece di scegliere le vie facili. Quante persone dimenticano o ignorano pur di alleviare la propria coscienza. Quante persone ancora preferiscono nascondersi dietro la loro coscienza sporca pur di non ammettere l’errore e far pace con la propria umiltà. Questo è ciò che si vede in secondo piano. L’informatica, come affermato all’inizio, ci aiuta ad imboccare delle vie facili pur di farci camminare liberi di pensieri. E’ questo il vero concetto per cui si impadronisce di noi. Siamo in un’epoca in cui questa semplice superficialità sta distruggendo la nostra complicata maturità.
– Odio universale. Vari omicidi stanno scatenando putiferio in città. Morti senza spiegazioni impauriscono le persone e accendono le cause più importanti negli uffici investigativi. Prima viene uccisa una giornalista che aveva pubblicato un articolo poco approvato dai lettori (riguardante le persone disabili) poi un rapper che si era permesso di non essere delicato verso un suo piccolo fan fino ad arrivare, ma non per ultimo, ad una ragazza che si era permessa di mostrarsi in modo poco fine verso monumenti che richiamano la memoria dei defunti. Il tutto parte da un sistema su Facebook dove bastasse scrivere con l’hashtag #DeathTo (MorteA…”) e il nome della persona mettendo in allegato una sua foto. Il sistema collegato comprometterà delle api meccaniche che entreranno nel cervello della persona ricercata dal web e farla morire lentamente gridante dal dolore. Varie indagini cercano di portare alla verità dei fatti. Tanti gli stratagemmi e i tentativi di risanare l’equilibrio umano cercando, inoltre, di salvare le vittime. Innanzitutto viene mostrata la differenza di percezione del problema dall’investigatrice con più esperienza, Karin Parke, che non è solita pensare di potersi affidare a ciò che i social possano davvero fare e dall’altro lato troviamo una ragazza più giovane, Blue, e con solide basi d’informatica. Lei ci mostrerà quanto possa davvero essere importante, e soprattutto pericoloso, un semplice hashtag sui social. Molto spesso nelle nostre home troviamo commenti verso persone, politici, modelle, cantanti e tanto altro dove oltre che brutti incidenti vengono anche augurate morte e disgrazie. L’episodio punta a far capire quanto invece le parole possano pesare (in questo caso fisicamente ma anche mentalmente) a chi le riceve. Sembrerebbe un giochetto che nasce e finisce sul web (è sempre troppo facile mostrarsi forti a parole soprattutto dietro “lo specchio nero”) ma in realtà resterà sempre un briciolo di male nelle persone che lo ricevono. I Social ci permettono di dire tanto e di fare poco ma quel tanto che facciamo compromette abbastanza da non poter mai ricompensare con il bene minimo. Anche se molte persone risultano indifferenti e magari scocciate dai continui insulti resterà sempre del male in quel commento, nel cuore di chi lo legge e nella nostra coscienza che piano piano si macchierà sempre di più. Essere soggettivi su cose che magari non accordiamo non significa dover mostrare odio e, a sua volta, augurare il peggio. L’odio può solo nascere per l’invidia del gesto e nient’altro. E’ sempre partendo da noi stessi che potremmo davvero migliorare e fare del bene (sperando di sentirci così delle persone migliori e capaci di mostrare maturità in date circostanze).
Non bisogna però pensare che i social e il web possano farci solo del male. Il tutto sta in come noi lo usiamo. Certo, ai giorni d’oggi potremmo dire che ha preso davvero parte nelle nostre vite e che noi manchiamo così tanto di personalità da farci trasportare piano piano.
– Arkangel. Un giorno la piccola Sara scompare sotto la vista della madre, Marie, per inseguire un gattino. Viene ritrovata dopo qualche ora e, per far si che lei non si allontani mai da casa, non si faccia male e venga protetta sotto ogni punto di vista la madre da il consenso per testare un progetto: Arkangel. Viene iniettato alla bambina un liquido (come se fosse un microchip) e la madre può monitorare la vista, la salute e anche le sensazioni della figlia tramite un Tablet. Crescendo però la bambina comincia ad essere curiosa e non sa cosa sia il dolore o il sangue (viveva con un filtro che annebbiava tutto ciò che potesse farle vedere il “male” o potesse trasmetterle del dolore). Non affronterà mai le sue paure. Divenne una ragazzina e la voglia di scoprire era sempre più forte rapportandosi con gli amici a scuola (in particolare con Ryan che farà parte anche della sua sfera amorosa). Cominciò a farsi del male per scoprire sulla sua pelle il dolore, così, presa dal panico, la madre spense il Tablet e decise di far vivere liberamente la figlia senza sorvegliarla. L’adolescenza la porterà a vivere le prime esperienze (rapporti, droga e bugie). Nonostante i tanti anni passati, Marie decise di riprendere in mano la situazione intromettendosi molto nella vita di Sara fino a non farla vivere più. Scombussolamento che porterà alla ragazza ad essere violenta (senza accorgersene a causa del filtro attivato) e ad allontanarsi definitivamente da casa.
L’informatica, come citato prima, è entrata molto a far parte di questo circolo nelle nuove generazioni. I bambini richiedono un Tablet anche solo per guardare i cartoni animati e, in giovane età, molti genitori preferiscono vigilare le scelte, anche innocenti, dei figli. Molti però abbandonano la tecnologia tra le mani dei piccoli anche per molte ore creando una vera e propria dipendenza. Il problema che l’episodio ci pone però è un altro: l’informatica permette una vera e propria sorveglianza sui figli che molto spesso costringe loro a non vivere più. Le nostre generazioni precedenti (possiamo dire che non avevamo tutto questo appoggio) hanno vissuto liberamente anche sottostando a vari limiti imposti. Ai giorni d’oggi molti di questi però non sono più ostacoli e la troppa o la troppo poca attenzione causano danni. Monitorare ogni sbaglio di un adolescente non aiuterà mai la crescita in sé, anzi, incrementerà solo ad un’incapacità nel vivere la vita reale chiudendosi del tutto in una virtuale. Con l’innovazione e i cambiamenti del mondo nuovo è ancora più difficile scegliere di essere genitori perché molto probabilmente tutti vorrebbero, per protezione, salvaguardare il proprio figlio. Abbiamo molte possibilità a riguardo (Applicazioni e Social) che funzionano davvero bene ma che non permettono mai ai nostri figli di sbagliare e affrontare davvero la realtà. Non sapranno mai cos’è il dolore se non lo si conosce. Non sapranno mai cos’è giusto e cosa no. Il Web influenza tanto e l’ideale sarebbe un giusto controllo senza dover limitare o incentivare le cattive scelte. Siamo in quest’era e dobbiamo adeguarci ad ogni cambiamento pur rimanendo solo a guardare.
Black Mirror ci fa aprire gli occhi in una realtà parallela sempre più vicina alla nostra. Viviamo in situazioni che ci permettono di abbandonarci alla realtà e di concederci del tutto ad un mondo surreale che possiamo crearci e sentirci più nostro. L’abbandonarci a tutto ciò è solo sintomo di un ritrovo di noi stessi, o meglio, di sentirci migliori in un mondo che, giustamente, ci creiamo noi. E’ sempre difficile invece lottare per essere qualcuno in una “dimensione” di tutti dove tante cose potrebbero non starci bene. La filosofia di imparare ad accettare tutto fa bene proprio a questo. Accettiamo un qualcosa che non ci appartiene ma mostriamoci forti per affrontarlo.
Parte II (vedi Parte I)
di Tecla Clarissa Maulella