Il caso Telegram dopo l’arresto del fondatore: spunti di lettura

Perché Telegram piace così tanto ai criminali? Con 900 milioni di utenti l’app di messaggistica russa, nata per garantire privacy e libertà, è diventata col tempo anche un rifugio ideale per attività illecite e reati gravi. Ma l’arresto di Pavel Durov rischia davvero di cambiare le cose? Forse la Russia è coinvolta nell’arresto nel senso che il fondatore è “fuggito” in Francia per evitarlo (in patria)?

Telegram è un’app molto articolata di messaggistica che viene paragonata a Whatsapp e altre app, concorrenti indiretti che però hanno diffusioni e paradigmi diversi: Whatsapp ha una platea molto più estesa (supera i 2 miliardi di utenti) ed è molto più controllato, poi ci sono gli 1,2 miliardi di utenti WeChat, l’app omnicomprensiva più diffusa in Cina, il miliardo circa di Facebook Messenger, e i circa 600 milioni di QQ, l’altra app cinese.

Telegram, fondata nel 2013 da Pavel Durov e dal suo socio informatico, il fratello Nikolaj – rispettivamente la mente di marketing e il genio informatico – ha sempre incentrato la sua ragion d’essere e anche parte del suo successo sul fatto di non operare alcuna censura sui contenuti, oltre che di essere ben organizzata in canali e gruppi tematici (ben prima di Whatsapp). Lo scopo della piattaforma è di proteggere la privacy e (nel caso) l’anonimato dei suoi utenti, e per questo di essere il regno di quel libertarismo totale molto caro anche a Wikileaks, prima che il fondatore Julian Assange venisse arrestato e incriminato dagli Stati Uniti. Telegram ospita a motivo di questa impostazione molto difesa e protetta, moltissime voci dissonanti, e tra queste anche di oppositori politici e importanti figure che lo preferiscono ad app apparentemente più sicure e protette, come Signal, per diffondere contenuti che probabilmente verrebbero censurati.

Il problema di Telegram deriva specularmente proprio da questa caratteristica: nel tempo si è diffuso sempre di più ed è diventato terreno fertile per tutta una serie di contenuti, di organizzazioni e gruppi di utenti che poco o nulla hanno a che fare con la libertà di opinione e molto invece con reati anche gravi come traffico di droga e pedopornografia. Di fatto c’è che per tutti quanti, siano essi oppositori politici russi o presunti trafficanti, la piattaforma si è sempre rifiutata di fornire i dati e i contenuti delle chat alle autorità che li richiedevano. Da qui l’arresto avvenuto in Francia il 24 agosto del 2024 con dodici capi d’accusa.

Durov si oppone apertamente al governo di Putin, sostenendo idee di libertà individuale e un’economia basata sul laissez-faire. Nonostante si definisca un libertario, Durov ha dichiarato di essere ispirato anche da figure come Che Guevara o Steve Jobs. Nel 2014, Durov ha lasciato la Russia in seguito al rifiuto di condividere i dati degli utenti di VK (il precedente social simile alle prime versioni di Facebook fondato da lui stesso e da questo estromesso) con il governo russo, decisione che ha segnato l’inizio di un lungo periodo di auto-esilio. Da allora, come lui stesso dichiara, ha continuato a promuovere “la libertà di espressione e la protezione della privacy” attraverso Telegram.

Prima dell’arresto, Durov ha sempre ribadito la sua posizione secondo cui Telegram deve rimanere un attore neutrale e non farsi coinvolgere nei conflitti geopolitici. Dopo il 2014 ha spostato la sede legale e la residenza a Dubai e, oltre alla sua attività imprenditoriale, ha pubblicato manifesti con proposte per migliorare la Russia e donato un milione di dollari alla Wikimedia Foundation per sostenere Wikipedia.

Fatta questa premessa, per approfondire l’argomento si possono leggere tre utili articoli: il primo del quotidiano Domani, “Perché Telegram piace così tanto ai criminali“, scritto da Daniele Erler, dove vengono riepilogate le caratteristiche intrinseche della piattaforma con il sistema di crittografia, e anche il fatto che il fondatore si sia a più riprese rifiutato di consegnare dati alle autorità russe. Ma probabilmente la Russia non è neanche l’unico e il solo Paese tra i grandi che vuole mettere le mani sui contenuti, più o meno illeciti della piattaforma.

Il secondo e terzo articolo di approfondimento provengono invece dalla testata online Il Post, entrambi del 27/08/2024:
Quello di Telegram è un equilibrio precario
L’arresto di Pavel Durov preoccupa per la possibilità di maggiori pressioni dei governi sulle piattaforme, ma anche l’assenza di controllo è una prospettiva allarmante
L’importanza di Telegram in Russia
Il social network è diffusissimo per le comunicazioni di tutti i giorni, e l’arresto in Francia del suo fondatore sta facendo preoccupare molto il governo russo

Buona lettura.

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